Le auto a idrogeno non riescono proprio a sfondare nel mercato automotive: costi elevatissimi all’acquisto e difficoltà di rifornire il veicolo sono i principali motivi che fanno da deterrente al mercato di questi veicoli. Basta un dato solo per rendere l’idea: la prima auto a idrogeno è stata proposta una decina di anni fa e da allora, al mondo, si contano appena un centinaio di stazioni di rifornimento per questa tipologia di carburante.
I dati sulle auto a idrogeno
IHS un grande istituto di ricerche di mercato presente in oltre trenta nazioni, prevede una quota mercato per le auto ad idrogeno che sarà dello 0,1% entro i prossimi dieci anni. Praticamente il nulla e addirittura l’auto elettrica godrà di risultati nettamente migliori (a dire il vero già da oggi).
Al momento le case automobilistiche che hanno in produzione le auto a idrogeno sono tre, nonostante altri costruttori abbiano fatto prototipi ed esperimenti, come nel caso di BMW. Nello specifico, se uno oggi volesse acquistare una vettura ad idrogeno, fermo restando che sappia poi dove andare a rifornire il serbatoio, potrà scegliere tra Toyota Mirai, Honda Clarity e Hyundai ix35. Prossimamente dovrebbe essere disponibile la Hyundai Tucson e nei prossimi anni potrebbe essere che qualche altro modello venga inserito nello scarno listino prezzi del mercato automobilistico a idrogeno.
I motivi del flop per le auto a idrogeno
Sulla carta l’alimentazione a idrogeno rappresenta il giusto connubio tra l’auto a motore termico e l’auto elettrica, sopperendo in parte agli svantaggi che quest’ultimo genere di veicolo ha tra le sua caratteristiche, come i tempi di rifornimento, che nell’auto a idrogeno sono molto simili a quelli di una normale vettura a benzina, e un’autonomia ben più elevata rispetto alle vetture elettriche. Ricordiamo che le emissioni dal tubo di scarico sono pari a zero.
Stando agli studi svolti da IHS gli elementi frenanti alla diffusione dei veicoli a idrogeno sono gli elevati prezzi (derivanti dagli alti costi di produzione) e la mancanza di impianti di rifornimento, anche questi soggetti a costi non proprio modesti per l’implementazione e soggetti a procedure burocratiche notevoli.
La struttura distributiva è attualmente ridotta quasi a zero e necessita di una progettazione, sia nella capillarità ma soprattutto nella costruzione. L’idrogeno-carburante si distingue in due varianti: l’idrogeno cosiddetto verde, ovvero derivante da fonti rinnovabili, e l’idrogeno marrone, che è quello ricavato da carbone o da fonti gassose. Logicamente la maggior parte di idrogeno immesso nel mercato per il rifornimento dovrebbe essere proveniente dal verde, cosa che non è poi così semplice.
Insomma, le potenzialità dei veicoli ci sarebbero anche e sarebbero capaci di ridurre l’inquinamento sfruttando l’energia rinnovabile (anche se è bene ricordare che dell’inquinamento mondiale, soltanto il 10% deriva dai veicoli e di questo soltanto la metà deriva da automobili), ma gli elevati costi necessari per implementare la tecnologia e rendere accessibile le fonte di approvvigionamento sono troppo elevati e quindi il sistema diventa controproducente.