Un pessimo mese di maggio per il gruppo FCA: il Governo statunitense ha infatti confermato le indiscrezioni avanzate qualche mese fa legate allo scandalo Dieselgate, ufficializzando la denuncia a carico del gruppo automobilistico italo-americano.
L’accusa di aver installato su alcuni modelli di autovetture un software che ridisegnasse i dati sulle emissioni a favore di FCA è diventata una vera e propria causa dalla quale il gruppo guidato da Sergio Marchionne dovrà difendersi in tribunale onde evitare pesanti ripercussioni economiche.
I modelli presi di mira dal Dieselgate FCA
Oggetto dell’interesse da parte del Dipartimento di Giustizia americano sono soltanto due modelli in particolare: la Jeep Grand Cherokee ed il Dodge Ram 1500 equipaggiati con il motore 3.0 diesel e commercializzati durante gli anni 2014, 2015 e 2016.
Secondo l’accusa del Governo su queste due autovetture sarebbe stato installato un software che avrebbe consentito emissioni più alte rispetto a quelle stabilite dagli standard americani.
La contestazione passa attraverso la mancata comunicazione, da parte di FCA, dell’esistenza di questo software, comunicazione che ha provocato una “seria violazione della legge” permettendo ad FCA di “giocare con regole diverse dagli altri”.
Cosa rischia il gruppo con lo scandalo Dieselgate FCA?
All’orizzonte si preannuncia, pur con le dovute differenze che non vanno dimenticate, un caso simile a quello del produttore tedesco e sappiamo tutti com’è andata a finire: dopo aver valutato tutte le opzioni Volkswagen ha deciso di patteggiare pagando una multa da 4,3 miliardi di dollari.
Questo è più o meno ciò che rischia il gruppo FCA, una serie di sanzioni che potrebbero arrivare a sfiorare i 4,6 miliardi di dollari, un conto salatissimo al quale bisogna aggiungere i costi di richiamo e messa a punto di tutte le 104.000 vetture coinvolte, eventuali class action e le probabilissime ripercussioni in Borsa del titolo che ha iniziato ad oscillare dal giorno in cui è stata ufficializzata la denuncia.
“Fca Us sta analizzando la causa, ma è contrariata dalla decisione di avviare questa azione legale. La società intende difendersi con forza, in particolare contro eventuali accuse che abbia deliberatamente tramato per installare impianti di manipolazione allo scopo di aggirare i test sulle emissioni negli Stati Uniti. Nonostante l’avvio della causa, la società continuerà a collaborare con Epa e Carb (le Authority per l’ambiente, ndr) per risolvere le preoccupazioni delle agenzie in modo rapido e amichevole”
Questa la replica del gruppo italo-americano che ha deciso di difendersi fino alla fine rifiutando qualsiasi paragone con l’affare Volkswagen.
L’Europa potrebbe seguire l’esempio degli Usa
Ciò che sta accadendo oltre l’Atlantico non è l’unica grana che il gruppo FCA sta fronteggiando perché da quest’altra parte non va certo meglio, la Commissione Europea ha appena imposto un ultimatum al Governo italiano che entro 60 giorni dovrà fornire tutte le delucidazioni richieste riguardanti alle verifiche delle emissioni svolte sulla Fiat 500X.
Il Governo italiano, però, per bocca del ministro Graziano Del Rio, ha più volte ribadito la correttezza di tutti i controlli effettuati sulla vettura in oggetto e la totale buona fede di FCA.