Il tema clima e automobili è uno dei più sentiti e discussi negli ultimi anni. L’elevato numero di auto in circolazione e la necessità di adottare misure per garantire un ambiente sempre più pulito e un’aria respirabile, ha di fatto posto l’attenzione sui motori diesel che da sempre vengono indicati tra i più inquinanti.
Eppure in questi anni i motori a gasolio hanno fatto passi da gigante in termini di emissioni CO2. Le grandi case automobilistiche, nel rispetto di specifiche normative europee, hanno lavorato molto per far si che il buon Diesel fosse “più pulito”. È proprio così?
Emissioni CO2 auto e lo standard Euro 6
Dal 1° settembre 2015 tutte le automobili nuove vendute in Europa devono essere Euro 6. Grazie a questo standard europeo, le auto diesel – oltre al filtro antiparticolato o Fap reso necessario dalle Euro 5 – non devono superare gli 80 milligrammi di ossidi di azoto a chilometro. Tutte le grandi case automobilistiche sono corse ai ripari per sviluppare motori che fossero in grado di rispettare questi valori, ad esempio sviluppando sistemi in grado di trattare i gas di scarico. I valori di emissioni di anidride carbonica (CO2) di un’auto è legato però al tipo di carburante impiegato e da quanto ne consumiamo, quindi non viene influenzato dalla presenza di filtri antiparticolato o catalizzatori o altre specifiche dettate dall’Euro 6, ma sostanzialmente da quanto è bravo il motore ad ottimizzare chilometri percorsi e combustibile consumato.
I test per il controllo dell’emissioni CO2
Il NEDC è un test di omologazione cui sono sottoposti tutti i nuovi modelli, introdotto nel 1970 per calcolare i consumi in città e ampliato nel 1990 con l’aggiunta di un test per il consumo extraurbano. L’attuale normativa prevede che il test NEDC sia svolto da un’auto col motore freddo, su una strada piatta, in assenza di vento, con tutti i dispositivi accessori spenti (luci, aria condizionata, sbrinatore posteriore e navigatore satellitare); per migliorare la ripetibilità delle misurazioni, il test è fatto di norma in un laboratorio al chiuso, su un banco a rulli che simula la resistenza aerodinamica e la massa dell’auto. Insomma non proprio le condizioni classiche di un’auto usata normalmente da ognuno di noi. Ecco perché questi test, ciclicamente sono oggetto di critiche.
Esistono diversi studi effettuati da enti indipendenti che dimostrano come i valori non siano quelli dichiarati dalle case automobilistiche. Ad esempio uno studio condotto dalla TNO, società di consulenza ambientale e scientifica, dimostra che le emissioni di CO2 per chilometro, dei veicoli commerciali oggetto dell’indagine, sono superiori dal 7% al 52 % delle emissioni di CO2 risultanti dalle prove di omologazione.
TNO non è l’unica a denunciare dati non veritieri, lo ha fatto anche la Transport&Environment (T&E) un’organizzazione europea dedicata alla sostenibilità ambientale dei trasporti, in un report intitolato Mind the Gap! Why official car fuel economy figures don’t match up to reality e qui un documento di Emissioni CO2 che espone il problema e lamenta le lungaggini europee per la risoluzione del problema.
Come mai allora esistono questi dati così distanti tra loro? La spiegazione è molto semplice. I test a norma europea prevedono che l’auto percorra una distanza su dei rulli ad una media di 33 Km orari di media per una durata di circa 20 minuti. Secondo alcuni esperti, le case automobilistiche avrebbero realizzato motori che effettivamente realizzano emissioni basse a quelle condizioni, ma quando poi si trovano in condizioni di uso normali, quindi non più ad una velocità bassa per una durata limitata, ecco che i valori si sballano nettamente.
Questo vale anche per le emissioni NOx , infatti di recente l’ADAC, l’equivalente della nostra ACI, aveva rilevato in Germania che alcuni modelli diesel Euro 6 producevano emissioni di diossidi di azoto da più di mille milligrammi a chilometro. Dopo anni di attese, e visti anche i risultati, nel 2016 verrà aggiornato il regolamento che introdurranno regole che si baseranno sull’uso effettivo dell’auto. Un aggiornamento che già ha prodotto non pochi fastidi alle case automobilistiche che dovranno quindi riprogettare i loro motori.
Lo scandalo Volkswagen
È in questo contesto che nasce lo scandalo della Volkswagen di cui tanto si parla in questi ultimi giorni. Uno dei più grandi gruppi automobilistici del mondo viene travolto da uno scandalo che potrebbe davvero costare caro in termini di credibilità. Il gruppo nasce a Wolfsburg nel 1937 ed oggi è un colosso da oltre 200 miliardi di dollari di fatturato e dà lavoro a quasi 600 mila lavoratori. Il Gruppo oggi comprende marchi del calibro di Audi, SEAT, Škoda Auto, Bentley, Bugatti, Lamborghini e Porsche; per le moto Ducati e per i veicoli commerciali Volkswagen Commercial Vehicles, Scania AB e MAN. Una galassia che sta per essere travolta dal più grave scandalo della sua storia.
Il gruppo tedesco viene accusato dall’EPA (Environmental Protection Agency), l’ente americano per la protezione dell’ambiente, di aver alterato i valori durante i test ufficiali con cui venivano rilevate le emissioni dei motori 4 cilindri diesel Volkswagen e Audi, nello specifico riguardanti modelli dal 2009 al 2015: Volkswagen Jetta, Beetle, Golf e Passat, e l’Audi A3. In pratica l’EPA accusa Volkswagen di aver montato un software sulle centraline dei motori che alterava i valori delle emissioni stesse. Un caso di una gravità inaudita e riguarda una delle case automobilistiche tra le più ammirate e apprezzate nel mondo. E le auto che sarebbero coinvolte sarebbero mezzo milione.
L’AD di Volkswagen, Martin Winterkorn, nella giornata di ieri non ha potuto fare altro che ammettere la truffa e di conseguenza il titolo in borsa ha perso il 18%, con picchi che hanno superato il 23%. Ma questa non è la sola conseguenza perchè il colosso tedesco potrebbe ricevere delle sanzioni pari a 18 miliardi di dollari. L’azienda ha già sospeso la produzione di automobili negli Usa e intanto si avvicina anche un’indagine penale in quanto è stata “minacciata la salute pubblica dei cittadini”. Quindi i guai non finiscono qui.
Emissioni CO2 Auto: forse è ora di cambiare
Un caso che ci dà il polso di quanto effettivamente le informazioni sulle emissioni abbiano bisogno di una nuova regolamentazione. Siamo di fronte al fatto, forse, che il settore dell’auto da questa esperienza ha una grande occasione per evolversi, guardare oltre i soliti schemi, velocizzare l’introduzione di motori realmente puliti. Il “trucco” delle emissioni di CO2, oltre a danneggiare l’ambiente, influisce pesantemente sul nostro portafoglio, in quanto compriamo auto pensando ad un determinato consumo di carburante ed invece ne abbiamo uno puntualmente più alto.
Emissioni Auto: cosa sta succedendo?
I guai non finiscono qui, anzi. Dopo il declassamento del rating a BBB+ ed il calo degli ordini di nuove vetture, Volkswagen dovrà fare i conti con le richieste di risarcimento che i vari Paesi hanno già annunciato di voler muovere nei confronti dell’azienda tedesca.
Per ora, l’azienda si sta già adoperando nei confronti del mercato statunitense, quello dal quale è partito tutto, ma a quanto pare non basterà l’aggiornamento del software, come si auspicava, sarà necessario, invece, procedere con dei cambiamenti tecnici, che si traducono in aumento dei costi da sostenere e dei tempi di esecuzione delle modifiche.
Nel frattempo di capire come intervenire, Volkswagen ha dichiarato di voler distribuire dei buoni da 1000 dollari a tutti i possessori delle auto coinvolte nello scandalo del dieselgate negli Usa. Per quanto riguarda l’Europa, la situazione è ancora più complicata, per via di una regolamentazione delle emissioni di C02 molto frammentata e disomogenea; in effetti, mentre in alcuni Paesi del Vecchio Continente questo parametro influenza il costo dell’auto, per via di incentivi erogati dai Governi sui modelli meno inquinanti, in altri entra in gioco in un secondo momento, ad esempio in relazione alla circolazione in determinate aree urbane, oppure nel calcolo degli Ecopass, previsti in alcune città.
Emissioni auto in Europa: cosa chiede la Commissione UE
10 giorni. Ecco il tempo che la Commissione UE ha chiesto a Volkswagen per avere tutte le informazioni sulla quantità di CO2 emessa dalle sue auto. In base a quanto verrà scritto si deciderà di quale entità sarà la multa più volte citata. Due sono i precedenti con i quali la casa automobilistica tedesca può confrontarsi: la Ferrari che nel 2013 dovette pagare 20.000 € di multa e Avtovaz che arrivò ad 1 milione. Cifre queste calcolate in base al numero di grammi di CO2 per km sforati e moltiplicato per le auto immatricolate quell’anno.
Insomma, a quanto pare la situazione è più complessa di quello che appariva all’inizio, e già allora si intuiva che l’azienda se la sarebbe passata brutta.