Volkswagen ha ammesso di aver violato le norme sulle emissioni di smog in Usa e le conseguenze sono disastrose: il titolo in Borsa perde fino al 22%, la Francia chiede un’inchiesta europea e il Dipartimento americano di Giustizia ha già aperto un’indagine penale, che come prima istanza porterebbe il colosso tedesco a pagare 18 miliardi di dollari di multa.
Nel frattempo tutto il Consiglio di Amministrazione trema e si temono ulteriori ripercussioni sulle altre case automobilistiche del Gruppo, che comprende dodici marchi da sette diversi paesi europei: per le automobili Audi, SEAT, Škoda Auto, Bentley, Bugatti, Lamborghini e Porsche, per le moto Ducati e per i veicoli commerciali Volkswagen Commercial Vehicles, Scania AB e MAN.
Lo scandalo Volkswagen, in breve
Tutto è iniziata da un’idea di un certo Peter Mock, responsabile europeo dell’International Council for Clean Transportation, che non riusciva a far quadrare i conti. Nel 2014 era stato prodotto un dossier, REAL-WORLD EXHAUST EMISSIONS FROM MODERN DIESEL CARS, per fare luce sulle reali emissioni delle auto diesel nel Mondo. Tutta la ricerca si conclude con un j’accuse importante: pare infatti che alcune case automobilistiche abbiano ottimizzato alcuni aspetti delle auto per passare le procedure di controllo… ma che una volta su strada non avrebbero garantito gli stessi risultati eco-sostenibili. Come se fosse doping al contrario, insomma. Uno sportivo che si presenta pulito ai test e invece dopo si “bomba” per garantire risultati eccezionali in gara.
A questo punto Peter chiama il suo collega americano, John German, che a sua volta coinvolge il Center for Alternative Fuels, Engines and Emissions dell’Università della West Virginia, perché avrebbero avuto a disposizione l’apparecchiatura Pems (Portable Emission Measurement System). Alla luce dei risultati conclamati, Peter e John hanno alzato il telefono e chiamato l’Epa (United States Environmental Protection Agency) e il California Air Resources Board: l’inchiesta era stata avviata in via ufficiale.
Arriviamo così all’epilogo: durante l’estate il Governo Americano ha richiesto delucidazioni, pena il blocco commerciale negli Stati Uniti. Messa alle strette, Volkswagen ha parlato attraverso Martin Winterkorn, CEO della casa automobilistica, ammettendo le colpe: Volkswagen avrebbe introdotto un software nelle cetraline dei motori diesel che abbatteva le sostanze inquinanti solo durante i test anti-smog. Martin Winterkorn ha infine detto:
Sono personalmente desolato del fatto di aver deluso la fiducia dei nostri clienti e dell’opinione pubblica.
Cosa sta succedendo ora?
Tra oggi e domani il top management di Volkswagen si riunirà per decidere la linea da condurre. E forse salvare il salvabile. Come anticipato prima, Volkswagen potrebbe essere chiamata a pagare fino a 18 miliardi di dollari di sanzioni. Sempre negli USA sono state bloccate le vendite dei modelli Jetta, Beetle, Golf e Passat con motore 2.0 TDI ed è stato ordinato il richiamo delle 482.000 vetture prodotte tra il 2009 e il 2015 non conformi alle norme sulle emissioni americane.
Inoltre, come riporta La Repubblica – “Bernard Sapin, ministro francese delle Finanze, ha detto che ‘serve un’inchiesta europea‘ sulla casa di Wolfsburg. Per ‘rassicurare i cittadini’ ha aggiunto parlando alla Radio Europe1, sarà ‘necessario’ condurre controlli anche sugli altri costruttori europei“.
Anche in Italia la vicenda ha preso una piega preoccupante per Volkswagen. Il nostro Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha inviato una nota ufficiale alla stampa: “Dopo questione emissioni negli USA, ho chiesto a Volkswagen Italia rassicurazioni sul mercato italiano. Vogliamo vederci chiaro”. E il Codacons già avverte: “Le autorità competenti devono dirci se la vicenda delle emissioni truccate riguarda anche autovetture vendute nel nostro paese. In tal caso sarà inevitabile una class action da parte di tutti i proprietari di auto del gruppo per l’eventuale inganno subito, e presenteremo una maxi-richiesta danni miliardaria anche per i danni prodotti all’ambiente”.
E se ti dicessi che è una pratica comune e va avanti da 30 anni?
È Linkiesta a sottolineare un altro – inquietante – aspetto. Pare infatti che un report del 2013 di T&E,un’organizzazione europea dedicata alla sostenibilità ambientale dei trasporti avesse già denunciato la possibilità di manipolazione dei test da parte dei produttori: “I test si svolgono due parti, un road test e un test in laboratorio. E entrambi i risultati possono essere manipolati. In particolare, per quanto riguarda i test su strada, i produttori avrebbero agito per anni attraverso accorgimenti come la regolazione dei freni, la pressione delle gomme e la copertura di ogni fessura della carrozzeria per ottimizzare la resistenza aerodinamica all’aria. Durante i test di laboratorio, invece, i risultati venivano migliorati sostanzialmente «permettendo alle batterie di scaricarsi durante il test, abbassando al minimo il peso della vetture, usando speciali lubrificanti e eseguendo i test a temperature irrealisticamente alte». Secondo il report di T&E, grazie a questi stratagemmi le case di produzione avrebbero abbassato i livelli di emissioni addirittura del 23 per cento“.
Quindi la domanda diventa lecita: sarà solo Volkswagen a essere colpita o bisogna aspettarsi ulteriori novità? È probabile che sia stato aperto un “vaso di Pandora automobilistico” di una certa importanza e che il Mondo dei Motori ora sia in agitazione. Le notiziano continuano ad accavallarsi: secondo le ultime novità pare che le auto Volkswagen coinvolte siano 11 milioni in tutto il mondo.
Lo scandalo coinvolge anche i motori a benzina
Era nell’aria, da un momento all’altro lo scandalo Dieselgate si sarebbe allargato fino a coinvolgere anche altre vetture prodotte dal colosso tedesco, e così è stato.
Stando alle dichiarazioni di Alexander Dobrindt, un delegato del Ministero dei Trasporti tedesco, i dati falsati sulle emissioni di C02 riguarderebbero anche 98.000 veicoli a benzina. Una vera e propria mazzata per la Volkswagen, che pare non riuscire proprio ad uscire da questo vortice impazzito senza fine. E se si intravede una luce, è quella di un tir che la sta per travolgere.
Ancora una volta, però, il silenzio da parte dei vertici dell’azienda è assordante, e non fa che peggiorare il sentiment negativo registrato sul web e sui social network, ma anche e soprattutto in borsa; non è un caso, infatti, che il rating sia stato declassato in seguito agli scandali.
Parafrasando Adriano Celentano, la situazione di sorella Volkswagen non è buona, per niente buona.
Ma c’è anche da chiedersi altro: come reagiranno gli automobilisti?