Auto storiche
I proprietari delle auto storiche sanno di poter contare su alcune agevolazioni, sia per quanto riguarda la tassa automobilistica che per l’Rc Auto, se fanno esplicita richiesta dell’attestato di storicità o rilevanza storica. Si tratta di un certificato rilasciato dall’A.S.I. (Automotoclub Storico Italiano) http://www.asifed.it che – dopo accurate verifiche – conferisce al mezzo un valore collezionistico, solo se il proprietario e il veicolo sono tesserati a uno dei club territoriali ad esso facente capo.
Spesso auto d’epoca e auto storica vengono usati come sinonimi, ma tra le due tipologie di vetture c’è una grossa differenza. Mentre le vetture storiche possono circolare ogni giorno, quelle d’epoca possono farlo soltanto durante raduni o manifestazioni a carattere storico/culturale.
Auto storiche, la confusione prima di tutto
In base all’articolo 63 legge n.342 del 2000 “Sono esentati dal pagamento delle tasse automobilistiche i veicoli ed i motoveicoli, esclusi quelli adibiti ad uso professionale, a decorrere dall’anno in cui si compie il trentesimo anno dalla loro costruzione. […] A tal fine viene predisposto, per gli autoveicoli dall’Automobilclub Storico Italiano (A.S.I.), per i motoveicoli anche dalla Federazione Motociclistica Italiana (FMI), un apposito elenco indicante i periodi di produzione dei veicoli”.
L’articolo non offre nessun chiarimento riguardo la questione dell’iscrizione obbligatoria al club per poter richiedere l’attestato di storicità: a far chiarezza ci ha provato l’Agenzia delle Entrate (Risoluzione 112/E nov. 2011) notificando che non è espressamente richiesta l’iscrizione nei registri dell’ASI per godere del regime di favore previsto per le auto storiche.
La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate è rafforzata dalla sentenza della Corte di Cassazione (n.3837 15 febbraio 2013) che chiarisce come la disciplina che regola il beneficio dell’esenzione per i veicoli storici non impone ai cittadini l’iscrizione all’ASI, definendo “assolutamente estranea al precetto normativo la pretesa che esenzione e vincolo associativo costituiscono un binomio necessario”.
Infine le Regioni, che dal 2011 disciplinano la tassazione automobilistica, non possono richiedere l’iscrizione obbligatoria all’ASI se non attraverso una promulgazione di una legge regionale. Una regolamentazione necessaria ad attestare la validità dell’obbligo se non fosse che, essendo la tassa automobilistica un tributo regionale derivato, le Regioni non possono escludere le esenzioni già previste dalla legge statale.
Perché le Regioni chiedono ancora ai possessori di auto storiche di pagare il bollo?
Secondo i dati forniti dall’Aci, in Italia circolano più di 4 milioni (1 veicolo circolante su 10) di auto che hanno più di 20 anni. Negli ultimi anni c’è stato un boom di auto storiche: oggi sono più di 500 mila le vetture rientranti in questa tipologia e l’A.S.I. con i suoi 3 mila nuovi certificati d’identità all’anno confermano l’ascesa di questo fenomeno. L’associazione, che tutela gli interessi generali della motorizzazione storica italiana, raccoglie bene 263 club federati e 38 club aderenti a cui un soggetto può iscriversi versando una quota compresa tra i 100 e i 300 euro. Un guadagno elevato, non solo per l’A.S.I ma soprattutto per le Regioni che incassano la maggior parte della quota d’iscrizione, che cresce annualmente del 7% e fa gola a tutti.
Perché le auto storiche non devono pagare il bollo?
La motivazione per me è abbastanza ovvia e condivisibile: è un modo per incentivare la conservazione in buono stato di veicoli che hanno fatto la storia, che altrimenti andrebbero perduti.
Ma ho una perplessità: ogni giorno discutiamo delle innovazioni settoriali, di come potrebbe risollevarsi un mercato in crisi, dei veicoli elettrici, di come abbattere le emissioni di CO2 nell’ambiente, dell’ottimizzazione dalla tecnologia ibrida, della progettazione di Smart City e di green economy, ma poi in realtà chi gode delle agevolazioni che dovrebbero portare il futuro nelle nostre città è ancora attaccato al passato. Non è una critica al possesso e all’utilizzo di veicolo di una certa rilevanza storica, qualcuno potrebbe obiettarmi che siano solo veicoli da mostra, parate, eventi, ma solo un’osservazione sul perché oggi il possesso di un veicolo di ultima generazione, più performante, meno o quasi per nulla inquinante, debba essere tassato dallo stato e invece l’old style no. Una perplessità personale, soggettiva, discutibile ma che mi porta a dubitare di almeno una parte dei possessori di questa tipologia di vetture. Sono davvero tutti intenditori/collezionisti o c’è una qualcuno che ne approfitta?
Visto che la tassa automobilistica tiene conto, oltre che alle direttive regionali e alla potenza del veicolo, dell’impatto ambientale che il veicolo ha sull’ambiente non sarebbe opportuno tassare maggiormente questa tipologia di veicolo? Il famoso “superbollo” previsto per le auto più potenti, quindi anche più inquinanti, non dovrebbe essere esteso anche ai veicoli di una “certa età”?
L’incipit alla discussione potrebbe finire qui, se non fosse che l’Rc auto di un veicolo storico possa costare anche il 70% in meno rispetto a una polizza standard. Perché? Per quanto le condizioni del veicolo fosse ottimali, si parla sempre di tecnologie e sicurezza di almeno 20 anni fa. ABS, ESP, TCS, Air bag, etc. garantiscono non solo la sicurezza di tutti gli automobilisti, ma anche di chi guida e di tutte le persone che vivono la strada. Forse tali agevolazioni andrebbero garantite esclusivamente ai veri collezionisti?