In città si vedono girare sempre più Mercedes, BMW, Audi, Porsche, Ferrari, Lamborghi, Bentley.
Un lusso che va a cozzare con il grande periodo di crisi economica vissuto dal paese. Auto lussuose dai motori potenti, che ostentano non tanto la cura per il design e l’eleganza ma l’escamotage del momento. Si moltiplicano gli italiani che immatricolano la nuova supercar nell’Est Europa, in particolare nei paese slavi, in modo da non pagare tasse e/o multe per violazioni del Codice della Strada.
Perché “comprare” una targa straniera?
Uno stratagemma che porta i suoi “benefici” per i cittadini italiani. Come prima cosa le agevolazioni: i bolidi immatricolati all’estero non sono soggetti al superbollo – riguardante esclusivamente i veicoli di potenza superiore i 185kW – che richiede un versamento nella regionali di ben 20€ per kW in eccesso. Essendo veicoli stranieri non sono registrati al PRA (Pubblico Registro Automobilistico) e quindi non rientrano in un eventuale controllo fiscale. Immuni al redditometro, che spaventa gli evasori nostrani, ma anche a eventuali contravvenzioni per eccesso di velocità o altre violazioni.
Le violazioni del Codice della Strada, per questa tipologia di veicolo, impongono un pagamento immediato della multa e se non si paga è previsto il fermo amministrativo. La falla sta nel fatto che molte contravvenzioni vengono rilevate attraverso apparecchiature, quindi notificate in un secondo momento. Una situazione che permette, ai possessori di targa straniera, di non pagare mai le multe e allo stesso tempo rende gli automobilisti immuni da revoca patente o dalla sottrazione punti.
Infine, non essendo vetture soggette alla normativa italiana sulla circolazione dei mezzi a motore, i proprietari non sono obbligati alla revisione o al controllo dei fumi emessi (bollino blu).
Come funziona il meccanismo della targa straniera?
Le possibilità sono numerose, ma le più utilizzate sono il vecchio prestanome e il noleggio (reale o fittizio) in nazioni economicamente più vantaggiose. Ci si serve di un amico, di un parente, di un dipendente o di uno sconosciuto retribuito, che avendo la residenza all’esterno permette all’automobilista italiano di immatricolare la vettura in territorio straniero. Nelle grandi città è facile imbattersi in auto top di gamma con targa romena, ma guidati da facoltosi italiani.
C’è chi va oltre il prestanome cercando maggiori garanzie. C’è il professionista che affitta l’auto in leasing da società tedesche, che garantiscono un buono risparmio economico, e chi vende la propria vetture a queste società per poi riprenderle con un contratto di noleggio. Una soluzione che permette anche di scaricare il costo sostenuto del noleggio dalla dichiarazione dei redditi, oltre a non pagare eventuali contravvenzioni.
Perché è difficile fermare questo fenomeno?
La legge italiana prevede che i possessori di patente straniera, con relativo veicolo, possono circolare per un anno (avevamo già trattato l’argomento patenti extra-UE) in base al certificato d’immatricolazione dello Stato straniero. Quindi, passato un anno, l’auto straniera dovrà tornare nel paese di immatricolazione o essere registrata negli elenchi della Motorizzazione Civile e quindi del PRA, diventato un veicolo italiano. Un meccanismo funzionale finché non sono state abolite le frontiere, rendendo impossibile determinare correttamente l’entrata sul territorio italiano del veicolo straniero. Un’altra mancanza di regolamentazione non chiarisce se una temporanea uscita dal territorio azzeri il permesso di circolazione, permettendo il rientro regolamentare in un secondo momento.
Una pratica che viene messa in atto, non solo dagli evasori nostrani, ma anche dai lavoratori stranieri regolamentari. Questi non prendono in considerazione l’eventuale nuova immatricolazione del veicolo, proprio perché la normativa vigente non è così efficace.
Una brutta realtà che, oltre a provocare danni alla collettività, può causare problematiche in un eventuale sinistro stradale. Nel caso foste coinvolti in un incidente con un veicolo straniero, non sarà possibile attivare i canali assicurativi tradizionali ma sarà necessario l’intervento dell’U.C.I. (Ufficio centrale italiano) ovvero l’organo che si occupa di gestire le pratiche necessarie al rimborso dei danni subiti dai cittadini italiani. Pratiche che chiedono al cittadino lunghe attese e allo Stato un grosso esborso economico. Oltre al danno la beffa.