È arrivato il dietrofront. Il governo Monti, che in un primo momento aveva scongiurato il ritocco all’IVA per evitare di deprimere ulteriormente i consumi, ha dovuto rimangiarsi la parola e mettere mano all’imposta sul valore aggiunto. Approvata nei giorni scorsi dopo un interminabile Consiglio dei ministri, la Legge di Stabilità 2013 prevede il taglio di un punto alle aliquote Irpef più basse, ma per recuperare il mancato gettito mette le mani sull’IVA e sul nostro portafoglio. Si passa quindi dal 23 al 22% per lo scaglione dei 15 mila euro di reddito, dal 27 al 26% per i redditi fino a 28 mila euro. In compenso, da luglio del prossimo anno l’attuale imposta sui consumi passerà dal 21 al 22% (dal 10 all’11% per i beni di prima necessità), nonostante tutte le rassicurazioni del premier e del ministro Grilli.
Le associazioni di consumatori hanno già lanciato l’allarme, prevedendo un rincaro dei prezzi finali ben superiore all’1%. Una delle categorie più colpite saranno gli automobilisti: aumento dei prezzi di listino sul nuovo, del prezzo alla pompa, della manodopera e di assicurazioni Rc Auto e pedaggi autostradali.
A preoccupare più di tutto è la benzina. Con una media di 1,87 Euro per un litro di verde, l’Italia detiene un triste record europeo. Per trovare benzina a buon mercato converrebbe teoricamente andare a fare il pieno in Romania. Da noi il prezzo del carburante sorpassa di 27,4 centesimi la media continentale; un differenziale dovuto esclusivamente all’azione del fisco, che negli ultimi 60 anni si è dimenticato di togliere qualche accisa.
Anzi, in questi giorni ha pure rinviato sine die (in pratica, reso permanenti) i balzelli imposti nel 2012 per il terremoto in Emilia, per abbassare le imposte in Abruzzo e il bonus per i gestori. Tributi che vanno ad aggiungersi a: guerra di Abissinia (1935), crisi di Suez (1956), disastro del Vajont (1963) e tante altre accise di cui abbiamo recentemente parlato.
In tutto un miliardo di euro di gettito previsto per l’anno prossimo. L’aumento dell’IVA dal 21 al 22% (stando ai dati dell’Unione Petrolifera) si tradurrà in 600 milioni di euro di spesa annua aggiuntiva: poco più di un centesimo e mezzo in più al litro. Con la benzina alle soglie dei 2 euro, non proprio una buona notizia.
Intanto prova ad alzare la voce anche l’ACI. Nei giorni scorsi, il presidente dell’Automobile Club Angelo Sticchi Damiani ha ricordato che “l’auto non è un bancomat per nessuno, Governo o enti locali”, sottolineando la priorità di ridurre i costi a carico delle famiglie. Mentre ormai 4 auto su 10 vengono radiate dal PRA per finire all’estero (danno erariale di 31 milioni di euro l’anno), uno dei principali obiettivi dev’essere la riduzione dell’assicurazione Rc Auto.
ACI ha inviato al Governo uno schema che renderebbe possibile abbassare i costi delle polizze Rc Auto fino al 40%. Ridurre il tempo per la denuncia di un sinistro, bloccare i risarcimenti in caso di sinistri con allegata documentazione medica non sufficiente, puntare sulle officine convenzionate con le assicurazioni, approvare la tabella nazionale dei risarcimenti per danni fisici con invalidità dal 9 al 100%, adeguare i risarcimenti agli standard europei, arginare il fenomeno dell’evasione assicurativa collegando immatricolazioni e passaggi di proprietà alla stipula della polizza stessa.
Non sono proposte nuove, l’ACI ci aveva provato già la scorsa estate, ma senza risultato.