Per gli automobilisti italiani i festeggiamenti di capodanno sono finiti con lo scattare la mezzanotte del primo gennaio. L’entrata in vigore degli aumenti dei pedaggi autostradali ha reso amaro le prime settimane di questo 2013.
Un rincaro richiesto dalla numerose concessionarie dei tratti autostradali e concesso dal Governo: il pedaggio aumenta mediamente del 2.91% ma associazioni di categorie e sindacati denunciano incrementi tra il 4/5 percento su alcune tratte autostradali. Rincaro che delude tutti, sia gli automobilisti che i concessionari.
I primi perché si troveranno a pagare anche 0,20€ in più gli stessi tratti autostradali rispetto all’anno precedente, i secondi perché ritengono gli aumenti insufficienti a coprire i 2.2 miliardi di euro spesi per ammodernare l’intera rete.Il Governo ha preso in considerazione le richieste avanzate dai gestori, ben 25 su tutto il territorio italiano, per poi procedere con l’assegnazione dei rincari. Alcune richieste sono state accettate, altre modificate al ribasso e in ben quattro casi sono state sospese. Le scelte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, prese insieme al Ministero dell’Economia e Finanze, ha portato alla protesta dell’Aiscat (Associazione Italiana Società Concessionarie Autostradali e Trafori) che accusa il Governo di scarsa attenzione nei confronti di un intero mercato e dei suoi investitori.
Lamentele “giustificate” anche dal fatto che l’Esecutivo ha atteso l’ultimo giorno utile per comunicare gli adeguamenti. Il Ministero ha risposto alla critiche affermando che “tale decisione è stata assunta in via cautelativa, nell’attesa del perfezionamento delle procedure relative ai rispettivi piani economico-finanziari, attualmente in coro si definizione” e quindi che le sospensioni potrebbero essere revocate in un secondo momento.
Muro contro muro anche dalla associazioni più collaterali al settore trasporti come l’Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montanari), che attraverso la voce del presidente nazionale richiede un rimborso economico stabile per salvaguardare un territorio sempre più stressato dalla grandi infrastrutture, in particolare nelle aree alpine. Una contestazione non proprio irrazionale visto che dall’ottobre dello scorso anno è stata presentata una normativa, che attende ancora l’attuazione, che impegna l’Italia a cercare modelli di viabilità più vivibili, meno invasiva, che possano promuovere l’innovazione economica.
Chi più chi meno ci troveremo a pagare profumatamente i nostri viaggi. L’unica soluzione sembra quella di usare meno la macchina e risparmiare sottoscrivendo una polizza a chilometraggio. Sono tantissimi gli italiani che usano l’auto per spostamenti brevi, meno di 5/10 km al giorno, che potrebbero prendere in considerazione questo tipo di polizza. L’Rc Auto “a consumo” prevede un pagamento di una quota fissa, che vale per tutta la durata temporale della polizza, e di una quota variabile che viene calcolata in base all’utilizzo della vettura. Una polizza che garantisce un risparmio annuale anche più del 30% ma che non è sempre consigliabile, come accade già per la “guida esclusiva”.
Questo tipo di polizze non sono molto diffuse in Italia e non vengono sottoscritte da tutte le compagnie assicurative ma solo da alcune, quindi bisogna verificare dove è possibile sottoscrivere questa tipologia di assicurazione. Le polizze possono essere giornaliere o a km percorsi, ma in entrambi i casi nell’accettare questa polizza bisogna fornire un “potenziale utilizzo annuale della vettura”. Il veicolo di chi richiede una polizza a “consumo” verrà monitorato tramite dispositivi gps, in modo da minimizzare al minimo le truffe da parte degli utenti. Infine, le compagnie chiederanno un adeguamento attraverso un conguaglio qualora non siano stati rispettati i consumi annuali.
Risparmiare è obbligatorio, ma bisogna porre tanta attenzione.