“Che cosa potrebbe mai fare? è un bambino!”. E’ quello che ho sempre pensato. O almeno finché un bel giorno il mio adorabile nipotino, scorrazzando per un mercatino dell’antiquariato in una splendida città italiana, ha fatto cadere una statua di bronzo raffigurante un angelo e gli ha spezzato un’ala.
Mio cognato ha mostrato alla piazza tutti i colori che un viso può assumere in pochi secondi quando l’antiquario gli ha chiesto 1.000 euro per quell’ala spezzata. Per fortuna è un restauratore (di immobili storici ma pur sempre restauratore) ed è riuscito a spuntare una cifra più ragionevole, ma è comunque tornato a casa con 200 euro in meno.
Pochi mesi dopo quell’episodio ho scoperto di essere in attesa del mio primo figlio e, ricordandomi di quei 200 euro, ho indagato su come tutelare le mie finanze dal futuro “terremoto” in casa e fuori.
E’ così che ho scoperto che esiste la polizza del capofamiglia. Si tratta di una polizza che copre i danni provocati dai membri della famiglia (piccole “schegge impazzite” comprese) ed anche dagli animali domestici (e alle parole animale domestico mi è venuto in mente subito il mio coniglio nano rosicchiatore folle di cavi elettrici).
Esiste un’ampia offerta di questo tipo di polizze ed è fondamentale leggere nel dettaglio quali sono i danni coperti: ad esempio, nella maggior parte dei casi si coprono anche i danni derivanti da attività sportiva esercitata in maniera non agonistica (e qui ho pensato a quel mio amico che durante una partitella di calcetto ha involontariamente “devastato” una gamba a un malcapitato).
I costi della polizza possono variare notevolmente da compagnia a compagnia, ed è quindi preferibile fare un confronto tra le varie offerte in commercio. I contratti possono essere di durata annuale o pluriennale (ovviamente il secondo caso garantisce un certo risparmio sul premio da versare).
Insomma: dopo una attenta analisi, qualche giorno dopo la nascita del frugoletto (il tempo di riprendermi dallo stravolgimento di una comune neomamma) ho stipulato la mia polizza del capofamiglia.
Così il mio pargolo può fare il bambino, che è il suo “mestiere”, e io non devo stare troppo attenta agli angeli.