Tra i tanti problemi creati dal recente terremoto nel Nord Italia, uno riguarda da vicino le assicurazioni sulla casa. A partire dal 20 maggio scorso, giorno della prima scossa che ha colpito l’Emilia, centinaia di proprietari hanno chiamato la propria compagnia assicurativa chiedendo estensioni di polizza, rinnovi o apposite coperture contro i terremoti. E fin qui niente di male. Dopotutto, tutelare i propri beni è la cosa più normale al mondo, così come è normale affrettarsi a farlo in momenti in cui si percepisce un imminente pericolo per la casa, l’azienda o il capannone.
La brutta notizia, se vogliamo, è che non tutto è andato per il verso giusto e le nuove sottoscrizioni sono state poche. Perché? Essenzialmente il motivo principale sono i vincoli necessari a ottenere il risarcimento, in alcuni casi così stringenti da convincere più di un proprietario a desistere. Poi c’è il tema delle garanzie offerte dalle singole polizze, talvolta non adeguate alla richiesta specifica.
Come avevamo già detto, un’estensione di polizza contro i terremoti copre solo i danni minori, definizione abbastanza generica ma che certo non comprende crolli parziali o, peggio, la distruzione dell’abitazione. Inoltre (ed è questo il grosso problema), chi decide di sottoscrivere questo tipo di polizza deve dichiarare di avere un immobile in regola con le più recenti norme antisismiche.
Al netto di altre clausole, le compagnie assicurative possono applicare una franchigia pari al 10-20% del valore del bene immobile assicurato. Infine, come se già non bastasse, molte polizze considerano come “causa” del danno solo la prima scossa e quelle registrare nelle 72 ore che seguono.
Difficile, se non impossibile, stabilire con certezza il momento esatto in cui una casa o uno stabilimento sono stati lesionati. Di conseguenza, aumenta la difficoltà di essere risarciti.