La truffa dello specchietto è un reato frequente. La Cassazione afferma che si tratta di un reato grave nel caso in cui la vittima sia una persona anziana.
Come funziona la truffa dello specchietto?
Questo tipo di truffa è molto frequente e purtroppo semplice nella sua realizzazione.
La vittima alla guida della propria auto viene avvicinata da un’autovettura già danneggiata e contemporaneamente viene colpita da un oggetto, tipicamente una pietra. A quel punto chi subisce la truffa avverte un contatto contro il proprio veicolo e poi nota il danno su quello del truffatore, credendo di esserne il responsabile.
Giunti a questo punto il truffatore propone al truffato di accordarsi direttamente sul posto e in contanti per il risarcimento del danno, in modo da evitare la compilazione della constatazione amichevole e le conseguenti verifiche delle compagnie assicurative.
La truffa va a buon fine soprattutto nel caso in cui la persona truffata si fa cogliere da ansia ed agitazione (perfettamente comprensibili poiché si teme di aver causato un incidente), dunque il truffatore troppo spesso si allontana con contanti non propri letteralmente estorti ad una persona innocente.
Ma come detto si tratta di un reato e, oltre alla possibile denuncia, il modo più immediato per difendersi è quello di pretendere di compilare la constatazione amichevole affidandosi poi alla regolare procedura per il risarcimento. In questo caso è molto probabile che il truffatore si allontanerà senza più proferire parola, ma se ciò non accade e l’altro si rifiuta di compilare il modulo, l’alternativa è quelle di richiedere l’intervento sul posto delle forze dell’ordine.
Truffa dello specchietto: la sentenza della Cassazione
Come detto, molto spesso i truffatori tendono a scegliere prede facili per portare a termine il più velocemente possibile la truffa.
Ed è in un caso come questo che si inserisce la sentenza n. 12801/2021 della Cassazione, che è intervenuta su un episodio particolarmente grave. Il truffatore infatti non si è accontentato di estorcere denaro alla sua anziana vittima per una volta, ha chiesto e ottenuto i suoi contatti e l’ha contattata e taglieggiata altre due volte, prospettando gravi conseguenze a suo carico nel caso fosse stata coinvolta la compagnia assicurativa.
La Suprema Corte ha dunque riconosciuto nella fragilità della vittima una aggravante rispetto al reato commesso. Questa sentenza è un precedente a maggior tutela delle potenziali vittime.
Ma ribadiamo il nostro consiglio di non accettare mai di risarcire in contatti e pretendere la compilazione della constatazione amichevole o l’intervento delle forze dell’ordine.