I rilevatori di velocità hanno invaso le nostre città. Documentano il nostro comportamento alla guida, non si salva nessun automobilista, sia che si aggiri in un piccolo paesino di montagna che in un grande agglomerato urbano. Dispositivi nati per far rispettare il Codice delle Strada, ma che a volte rischiano di diventare agli occhi dei cittadini “armi economiche” nelle mani dei Comuni.
L’utilizzo di queste apparecchiature richiede il rispetto di norme ben definite, che spesso vengono completamente ignorate per multare quanti più automobilisti possibile e fare cassa. Una strage di verbali che si va ad aggiungere alle clonazioni di questi dispositivi, danneggiando esclusivamente il cittadino. Lo Stato è intervenuto a regolamentare questa situazione già nel lontano 2010. Nell’articolo 25 della legge 120/2010 è prevista la devoluzione di metà dei proventi delle multe per eccesso di velocità agli enti proprietari delle strade. Una sorta di deterrente per quelle amministrazioni locali, che avevano “abusato” del mezzo per rimpinguare le casse comunali.
Un’idea vincente, ma che non è mai stata attuata perché necessita da anni di un Decreto ministeriale sempre rimandato. Dopo tre anni del decreto, slittato inizialmente al 2013, non c’è ancora traccia e il taglio dei proventi ai Comuni non c’è ancora stato. Il Comitato di presidenza della filiera della sicurezza stradale (FINCO), riunitosi a Roma presso la sedere dell’ACI, evidenzia come l’assenza di un decreto attuativo porterà una grave crisi gestionale all’interno dei Comuni e delle Province a partire dal 2013.
ACI, FINCO e Federmobilità temono che la mancata regolamentazione di questa situazione peserà essenzialmente sul cittadino, sulla mobilità e sulla sicurezza delle strada. La sicurezza stradale dipende molto dal comportamento dei guidatori, ma un’infrastruttura abbandonata a se stessa è un immenso pericolo per tutti. Impedire oggi un “risanamento” delle strade porterebbe a un innalzamento delle vittime delle strada, senza dove scendere ad analizzare fenomeni sociali.
Gli esigui fondi a disposizione degli enti locali, proprietari delle infrastrutture, fanno procedere a rilento la manutenzione delle strada ma non ridistribuendo questi capitali si arriverebbe a un punto di non ritorno. “I proventi delle contravvenzioni non dovrebbero rientrare nel Patto di Stabilità – ha dichiarato Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Automobile Club Italia – perché destinati ad investimenti per la sicurezza stradale e non a spese correnti degli Enti locali. L’Italia sconta ancora la mancanza di una politica delle mobilità e dei trasporti”.
L’Unione Europea ci chiede di dimezzare le vittime della strada nel prossimo decennio (2011-2020), non siamo partiti con il piede giusto. Sembra quasi che non si lavori per il bene comune, ma che come sempre la burocrazia italiana sia la vera vincitrice.