Non esistono dati certi su quanti siano in Italia gli incidenti mortali provocati dall’abuso di alcol o da sostanze stupefacenti. Non ci è dato saperlo con precisione visto che gli schemi di raccolta dati, fino a oggi adoperati, erano vecchi e non prendevano in considerazione chi era ubriaco o sotto effetto di stupefacenti.
Fino al 2009 i numeri relativi agli ubriachi al volante sulle strade erano davvero bassi, per questo sono stati dichiarati inattendibili, quindi siamo andati avanti solo con le stime. Da pochi giorni l’Istat si è impegnata a creare un gruppo di lavoro capace di risolvere il problema raccolta e analisi dei dati legati a questa tipologia di reato.
Una “task force” fatta da ricercatori, dalle forze dell’ordine, dall’Aci e dal Ministero delle infrastrutture per poter elaborare un modello di rilevazione certo, necessario per creare politiche di sicurezza e risolutive. Le vittime delle strada sono numerose, ma la sensibilizzazione verso l’argomento fa ben sperare. Un recente sondaggio dell’Aci-Censis mostra che l’82% degli italiani richiede pene più severe per chi guida sotto l’uso di sostante stupefacenti o ubriaco, cosa che è già avvenuta con la mini riforma del Codice della Strada, mentre un 45% si dichiara favorevole all’introduzione del reato di omicidio stradale. Quasi la metà degli incidenti europei è imputabili all’abuso di alcol, non siamo un paese di bevitori ma anche qui le cose non vanno molto meglio. I momenti più a rischio sono sicuramente la notte e il weekend quando si moltiplicano le feste e il numero di bottiglie scolate.
Il problema dell’abuso dell’alcol ci porta spesso a demonizzare l’intero settore commerciale, ma ciò che invece manca soprattutto nei giovani è il consumo responsabile e la consapevolezza del gesto. Il modello di rilevazione servirà a comprendere anche come strutturare un programma educativo, che sia capace di sensibilizzare gli automobilisti e in particolare quelli più giovani. Inasprire le pene previste dalla legge non è l’unica strada da percorrere, c’è bisogno di educare, far conoscere i problemi legati all’eccessivo consumo di alcolici.
Campagne di sensibilizzazioni non mancano, ma serve qualcosa di più. Qualcosa che venga anche dagli stessi produttori di bevande alcoliche. Un esempio concreto e funzionale è quello messo in atto dalla Diageo. La più importante impresa mondiale sul mercato degli alcolici, fa parte delle 100 aziende con la maggior capitalizzazione in borsa, racchiude sotto un’unica etichetta decine di marchi conosciuti in tutto il modo. Smirnoff, Baileys, Red Stripe e Guinness sono solo alcuni dei brand più noti che fanno capo alla Diageo che da anni porta avanti la sua campagna di sensibilizzazione “Ascolta il tuo angelo custode, quando si beve non si guida”. Declinata in varie attività, prendendo in considerazione le caratteristiche dei consumatori locali, la Diageo si è avvicinati ai giovani illustrando loro come si possa bere senza esagerare e tenendo sempre in mente che la vita è una sola.
Campagna di sensibilizzazione che diventa community attraverso i social network (Facebook e Twitter), in cui è possibile trovare o richiedere informazioni utili su come “pianificare” un sicuro ritorno a casa dopo aver alzato il gomito. Un’app dedicata permette di trovare il parcheggio auto più vicino, magari per schiacciare un pisolino, chiamare un taxi per essere riportati comodamente a casa o usufruire di una “modalità carpooling” con gli altri membri della community.
La vita è una, ricordiamocelo anche dopo aver bevuto.