I tribunali e le corti del nostro paese ci avevano abituati negli ultimi tempi, non senza una certa sorpresa, ad una serie di decisioni che sembravano capovolgere o almeno mettere in dubbio il dogma con cui tutti noi siamo cresciuti: il pedone investito ha sempre ragione. Una di quelle certezze che, prima della agognata patente, ha indotto più di un giovane a solcare gli incroci in diagonale, con la spavalderia di chi pensa “toccami, che poi mi ripaghi”.
Proprio quando la giurisprudenza sembrava averci tolto anche questa ultima certezza, e noi di 6sicuro ne avevamo già parlato, ecco arrivare una sentenza nuova di zecca, che, rifacendosi anche a precedenti illustri, riporta l’ordine e ribadisce senza mezze misure che il pedone investito ha diritto a vedersi risarcire interamente i danni subiti.
Pedone investito: cosa dice la sentenza
A pronunciarsi è stata la Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 3883/2015, basata a sua volta su una serie di forti precedenti della Corte di Cassazione. Il caso, peraltro, non appariva a prima vista così pacifico: il pedone investito era un trentacinquenne, il quale, uscendo da un bar a quanto pare dopo una generosa dose di incoraggiamento a base di alcool, si incamminava lungo il bordo della strada, dando le spalle alle macchine che arrivavano. Una di queste lo colpiva in pieno, sbalzandolo lontano e procurandogli una invalidità del 65%, vale a dire gravissima.
La difesa del conducente era chiara: il pedone camminava sul bordo di una strada, senza troppa attenzione, dopo aver bevuto una dose probabilmente eccessiva di bevande alcoliche, dunque con una camminata non proprio lineare, che rendeva la sua traiettoria difficilmente prevedibile e collaborava all’incidente. Il giudice del primo grado condivideva questa ricostruzione e dichiarava il concorso di colpa.
Il pedone investito non si arrendeva e ricorreva alla Corte d’Appello, per una seconda pronuncia sul caso. E qui la sorpresa: la Corte ribalta completamente il primo grado e afferma che sul conducente dell’auto che investe il pedone grava una presunzione di colpa che lo obbliga a pagare tutto intero qualsiasi danno abbia causato a chi era piedi. Una presunzione talmente forte, da poter essere sconfitta soltanto portando le prove concrete di una condotta del pedone del tutto sbagliata, al punto da rappresentare una vera e propria violazione al codice della strada ed un imprevisto inimmaginabile per il conducente.
Finale positivo – per quanto possibile, vista la gravissima invalidità – per il trentacinquenne investito: pieno accoglimento delle sue richieste e condanna dell’altra parte ad un risarcimento di 541 mila euro, oltre ad altre voci e alle spese del giudizio.
Per chi vige la presunzione
La sentenza commentata si riporta ad un articolo di legge già noto, cioè il numero 2054 del codice civile, ma ne propone un’interpretazione rigorosa, quando si tratta di incidenti che coinvolgono un pedone. Incidenti in cui soltanto il primo comma della norma è applicabile: chi guida un mezzo è tenuto a risarcire per intero il danno che provoca nel circolare, almeno che non riesca a dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare lo scontro e le sue conseguenze. Quindi, in prima battuta, è corretto presumere che chi è alla guida del mezzo sia colpevole dell’incidente, per ciò tenuto a pagare fino all’ultimo centesimo i danni del pedone, senza sconti percentuali in virtù di copartecipazioni all’evento.
Il conducente del veicolo, per riuscire a liberarsi del tutto o in parte di questa colpa assegnata in partenza, ha un solo mezzo: portare delle prove che dimostrino senza alcun dubbio il ruolo del pedone nel causare l’incidente. Cioè, deve dimostrare almeno una delle due affermazioni che seguono:
- che, senza la specifica condotta tenuta dal pedone, l’incidente non sarebbe mai avvenuto;
- che, senza la specifica condotta tenuta dal pedone, l’incidente non si sarebbe verificato proprio in quel modo o con quelle conseguenze così gravi.
Al di fuori delle teorie giuridiche, è difficile riuscire a dimostrare dei fatti che davvero superino questa presunzione di colpevolezza del conducente: bisogna pensare a casi un po’ limite, quale potrebbero forse essere quello del pedone che esce all’improvviso e di corsa dallo spazio tra due veicoli parcheggiati a lato strada o dalle colonne di un porticato. Cioè condizioni in cui non è lecito aspettarsi un pedone che compare magicamente sulla traiettoria del nostro mezzo e sempre a patto che la velocità tenuta dal mezzo sia adeguata alla zona di transito.
Attenzione però: bisogna sempre avere presenti tutte le circostanze concrete, di fatto, di ambiente e anche climatiche, che caratterizzano l’incidente. Così, l’investimento di un bambino, che sbuchi all’improvviso sulla strada, in pieno giorno e con un bel tempo sereno, in una zona in cui è segnalata e richiesta una particolare attenzione per la presenza di scuole, avrebbe un peso certamente diverso dagli esempi sopra portati.
La mancanza di concorso di colpa del pedone investito
Nel caso commentato, ciò che è mancato è stata proprio la prova “provata” che il pedone investito avesse davvero fatto qualcosa di talmente imprevedibile da liberare chi era alla guida del mezzo da ogni responsabilità. Qualcosa, cioè, che pur con tutta la prudenza e la diligenza del mondo, non sarebbe stato possibile prevedere ed evitare.
Da un lato, infatti, tra testimoni e tracce di frenate sull’asfalto, il veicolo non sembrava stare procedendo piano. Inoltre, non c’era nessuna prova che il pedone fosse effettivamente saltato in mezzo alla strada, inserendosi improvvisamente nella traiettoria del veicolo. C’era soltanto la presunzione che, poiché era a bordo strada, dava le spalle alle auto che sopraggiungevano e aveva bevuto, avesse sbandato nel camminare, intercettando il percorso del mezzo.
Ma, ed è questo il punto più importante della decisione, la presunzione – cioè il desumere un fatto non noto né provato, facendolo derivare da fatti invece noti – non funziona contro il pedone. Niente prova, niente concorso di colpa. E il pedone torna ad essere un po’ lo sbruffoncello di un tempo.
Cosa fare in caso di incidente
Che siate pedone o, ancor di più, che siate il conducente del mezzo, in casi di questo tipo diventa fondamentale procurarsi subito tutti i dati (nome, cognome, indirizzo, recapiti telefonici) delle persone che hanno assistito, anche solo parzialmente, all’incidente. In tempi di telefoni accessoriati e molto intelligenti, la pratica migliore è forse quella di fotografare il documento di identità del testimone, previa verifica che la residenza sia aggiornata. E previo consenso del testimone, non volendo questo essere un invito allo scippo del portafoglio del mal capitato.
Fondamentale può rivelarsi anche chiedere l’intervento di un’autorità, come Polizia Municipale o Stradale. In caso di chiamata di soccorso medico, bisogna ricordarsi di specificare che si è trattato di un incidente tra un mezzo e un pedone, affinché non venga inviata soltanto l’autoambulanza.
L’autorità chiamata redige un verbale, di cui si può poi chiedere copia nei tempi prescritti, nel quale confluiscono tutti gli elementi che si sono visti sopra: le versioni delle persone coinvolte, i loro dati, i dati dei testimoni presenti e i risultati dei rilievi effettuati.
Hai avuto, purtroppo, un’esperienza di questo tipo? Ci piacciono i casi concreti, facci sapere come è andata e come ti sei comportato.