I dati ufficiali parlano chiaro: negli ultimi 4 anni, il costo della benzina è aumentato di oltre il 23%, portandoci alla stressante situazione che la maggior parte di noi conosce e che costringe molti italiani a risparmiare sotto ogni aspetto possibile per poter sobbarcarsi la spesa del pieno, anche perché sono davvero tanti coloro che non possono rinunciare al proprio mezzo. I conti però non tornano, perché sempre 4 anni fa il costo del barile di petrolio ammontava a 147 dollari, contro i 97 di adesso: com’è dunque possibile, si domanda l’Aduc (Associazione per i diritti di utenti e consumatori), che a una diminuzione della materia prima corrisponda un aumento del prodotto finale da essa derivato? La risposta sicuramente la conoscete: sono le famose accise a pesare maggiormente sul costo finale del litro di benzina. Stiamo ancora pagando – tra le altre infinità di cose - disastri e calamità accaduti decine e decine di anni fa. Nonostante il Governo dichiari di voler intervenire per ridurre il costo del carburante, i tempi sembrano non essere brevi nè le cifre di significativa portata.
Motivi come questi, uniti alla volontà di salvaguardare l’ambiente e la salute delle persone, inducono i paesi che possono permetterselo a investire nella ricerca di nuovi carburanti. Ed ecco che si scopre che è possibile convertire i rifiuti in combustibile, nonostante i test siano in fase iniziale. Quando questa ipotesi diventerà realtà, saranno due i problemi risolti: da una parte la produzione di biocarburanti a costi ridotti, dall’altra una destinazione utile per la maggior parte di quei rifiuti solidi urbani, tra gli altri, di cui sovente gli enti locali non sanno come disfarsi. È indispensabile però pensare a forme di incentivi finanziari e a normative ad hoc che ne facilitino la produzione e la commercializzazione.
Possiamo inoltre segnalare l’intento da parte dei biologhi di ricavare diesel rinnovabile dalla canna da zucchero, e anche in questo caso i test fanno molto ben sperare; o ancora il perfezionamento del biobutanolo, un alcol a quattro atomi di carbonio provato dalla Butamax Advanced Biofuels (USA) e che promette a sua volta molto bene.
Più lunghe invece le tempistiche per l’uso delle alghe al fine di ricavarne del combustibile, soprattutto per il loro elevato costo. Ne riparleremo perciò tra una decina d’anni.
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